Titolo: 18 Regali
Regia: Francesco Amato
Genere: Drammatico
Anno: 2020
Durata: 115 minuti
Frase preferita: “Dobbiamo solo prenderci per mano e vivere ogni giorno con coraggio”
Se fosse possibile inventare un modo nella vita per far tornare chi ci lascia, il film diretto da Francesco Amato ne ha trovato uno veramente perfetto.
Si piange? Sì e anche parecchio, ma sono lacrime che ti aiutano a pareggiare i conti con la realtà.
Avevo ancora il fazzoletto in mano quando, l’altra sera, sono uscita dal cinema dopo aver visto 18 Regali, ispirato alla storia vera di Elisa Girotto, una donna che scopre di essere in attesa della vita, quella della bambina che porta in grembo e della morte, la sua, a causa di un male incurabile.
È l’estate del 2001 ed Elisa (interpretata nel film da Vittoria Puccini) muore, lasciando soli il marito Alessio (Edoardo Leo) e la figlia Anna (Benedetta Porcaroli). Il tempo passa e per ogni compleanno della bambina c’è anche un regalo della mamma da scartare. Un regalo che, crescendo, comincia a non bastarle più.
Anna diventa ribelle, non rispetta le regole, reagisce con rabbia all’affetto dei suoi, alle decorazioni dentro e fuori casa per ogni festa. Un compleanno che è anche l’anniversario di morte di sua madre e più si fa grande, più avverte il vuoto che la vita le ha addossato, come una colpa, strappandole per sempre le gioie e le speranze di un soffio sulle candeline della torta.
Anna scappa, va via proprio nel giorno del suo diciottesimo compleanno, terminando la sua corsa contro il parabrezza di un’auto, che non fa in tempo ad arrestare la sua marcia e la travolge in pieno.
Ecco, allora, che la storia cambia. Inizia un viaggio nel tempo che riunisce ciò che la vita ha separato. Dalla macchina, infatti, scende Elisa, incinta e di ritorno a casa quella sera, dopo aver saputo della malattia.
Con il suo aiuto, Anna si rialza da terra e sale con lei in auto, riportando qualche graffio nel viso e nel corpo.
Finalmente insieme madre e figlia in una dimensione irreale, magica forse, in cui a entrambe viene concessa la possibilità di conoscersi, di litigare anche e di scoprirsi così diverse e così simili. Un modo per far pace con la vita, che ha dato e con la morte, che ha tolto.
Un’occasione per abbracciarla, sua madre, per sentirla parlare e rimanerle accanto anche quando lei in verità vorrebbe mandarla via. È soltanto alla fine, infatti, che Elisa capisce che quella ragazzina investita per sbaglio è sua figlia, diversa da come l’aveva immaginata nei mesi di gravidanza.
Il film giunge a conclusione e i giochi si scoprono: Anna è in coma farmacologico ed Elisa ha sognato tutto il tempo.
Due strade diverse per congiungersi, per trovarsi lontane da questa vita, due rette parallele che si incontrano. L’amore questo può, anche quando tutto finisce, anche quando niente ha inizio.
È il film del dramma, ma è anche il film della vita. Elisa scopre che non potrà veder crescere sua figlia e per questo cerca di prendersi gioco del tumore, del dolore, della disperazione, collezionando dei regali per quella bambina che diventerà donna senza di lei.
Trova il modo per sopravvivere, per non andare via, per rimanerle vicino anche quando non ci sarà più. Per lasciare a ogni pacco il suo profumo e sorprenderla dall’aldilà. Per far sì che sua figlia impari ad andare in bici, senza afferrarle il sellino e aiutarla a rimanere in equilibrio, per permetterle di amare la musica, di sfidare la vertigine e tuffarsi. Per farla sentire meno sola almeno nel giorno del suo compleanno.
Su un quaderno ruba attimi di vita che non avrà, li mette nero su bianco per andare avanti in quel tempo che le rimane.
L’aspetto più bello ed emozionante del film? Il fatto che sia ispirato a una storia vera.
La consapevolezza che ci sia stata una donna così coraggiosa e pura da non perdere la sua battaglia contro la malattia, da non arrendersi al suo destino, da capire che l’essere madre era più importante dell’essere malata.
Perché, quando ti dicono che non avrai più tempo, il tempo te lo crei con le tue mani. Perché, quando ti dicono che è finita, trovi un modo per far sì che non sia così, che continui almeno per chi rimane. Perché non esiste cuore più grande di quello di una madre.
Si piange? Sì e anche parecchio per fortuna. Abbiamo bisogno di lacrime forti, di lacrime che ci insegnino a lottare con passione sempre, di lacrime che ci diano la fiducia di credere in un nuovo inizio ogni giorno. Elisa si reinventa e lo fa nel momento più duro e difficile della sua vita. E lo fa per sua figlia.
La sua malattia si trasforma nel suo gesto più generoso e coraggioso.
18 Regali trova il modo per rimettere insieme i pezzi di un puzzle incompleto, per far camminare i passi della madre accanto a quelli della figlia, per riunire i corpi. Accende una speranza, che è quella che dentro di me batte più forte del mio cuore: che anche la vita possa trovare un modo.