In un fine settimana lontano dalla routine e immersa nel blu di Cefalù, ho incontrato un Artista con la ‘a’ maiuscola: Domenico Zora. Scultore siciliano, palermitano d’origine e di fama internazionale, Zora era in mostra nei locali dell’Ottagono Santa Caterina, nella suggestiva piazza Duomo.
Non lo conoscevo, perché il mio approccio al mondo dell’arte contemporanea purtroppo è solo recente, ma con immenso stupore e meraviglia ho scoperto le opere di un uomo, un Maestro, che nell’arco della sua vita artistica ha esposto in diverse gallerie italiane ed europee, come Taormina, Firenze, Ravenna, Padova, Tokyo e New York.
Un Artista che ha avuto l’onore di donare una sua opera a papa Giovanni Paolo II e di rendere omaggio con le sue sculture alla ballerina Carla Fracci. Ci siamo avvicinati a lui per scambiare due parole, che presto sono diventate un po’ di più, fino a perderne il conto.
Una chiacchierata informale, priva di ruoli, in cui da una parte non c’era una giornalista e dall’altra non c’era un intervistato, ma un uomo con i sogni diventati realtà e una donna più giovane con quegli stessi sogni ancora stretti fra le mani. Determinazione, coraggio e il momento giusto sono i colori indispensabili per chi della propria vita vuole fare il più bel capolavoro mai esistito al mondo.
“Mai arrendersi davanti a un fallimento, continuate sempre. Provate e, se sbagliate, fermatevi a pensare e a riflettere sul perché non sia andata come speravate”. Mi ha conquistato subito con i suoi racconti il maestro Zora.
Racconti di chi è caduto e si è rialzato più forte di prima, arrivando proprio laddove voleva arrivare. Così, nel 1986, il suo primo tentativo di avvicinarsi a Carla Fracci, la regina bianca, che con garbo ed eleganza rifiutò di posare per lui. “Quella volta sbagliai – disse – ancora così giovane artisticamente ebbi l’ingenuità di pretendere che un’eccellenza come la signora Fracci potesse accettare di posare per me. Lei che, fino a quel momento, aveva detto a tutti di no, tranne a Francesco Messina”.
Si fermò a pensare, a riflettere e capì che doveva crescere, che doveva ancora lavorare tanto, molto di più e così fece, fino al giorno in cui riprovò ad avvicinarsi a quella creatura di raffinata rarità che gli disse finalmente di sì. Una vera conquista quella di Zora, non l’unica.
Un Artista che dona vita alle sue opere mute, perché alla scultura manca la parola, non l’anima. Un sorriso paterno, sicuro e fiero di sé, che, nonostante l’esperienza, i riconoscimenti, la carriera di livello raggiunta, ha mantenuto l’umiltà del grande Uomo, prima che del grande Artista.
Ciò che conta è sapere chi siamo e chi vogliamo diventare e lottare a denti stretti per smettere di desiderarlo e basta. Questo è stato il grande insegnamento di un fine settimana a Cefalù, di un incontro inaspettato e speciale, che porterò sempre con me e che la mia penna blu non poteva non condividere con voi.
Abbiamo tutti bisogno di qualcuno che ci dica quanto sia importante credere ancora in qualcosa. Viviamo purtroppo in una società in cui tutto si sgretola, i valori si perdono e spesso chi ha più soldi o conoscenze arriva prima. Bene, in questa società recuperiamo noi stessi. Cerchiamo il nostro posto nel mondo sempre e comunque: solo chi non si ferma arriverà da qualche parte. Solo chi rialza la testa prima o poi vedrà il traguardo. Solo chi sa sbagliare imparerà a fare finalmente la cosa giusta.
(Ps. Scusatemi per la qualità delle foto. Lo so, devo prendere l’abitudine di portare con me la macchina fotografica)