Forse dovrei passare al deteinato. È il primo pensiero di questa lunga notte.

Ore 00:59, non ho ancora sonno, pur essendo stanchissima e prendo il telefono per fare la cosa che credo mi riesca meglio: scrivere, non a qualcuno, ma a me stessa.

Sempre di corsa, tra un articolo e una lezione di LIS, tra una newsletter e un comunicato stampa, oggi ho deciso di fermarmi. Di accostarmi con la macchina e lasciarla lì, sul bordo della strada, con le quattro frecce, come se l’avessi abbandonata legandola a un palo.

Sono scesa e ho camminato da sola per il lungomare: c’era il sole oggi che parlava. Non era lontano, come capita spesso di vederlo. Piuttosto, sembrava come se avesse fatto qualche passo verso il mondo, preoccupandosi di non scottarlo.

Bellissimo, delicato, leggero. Elegante e insolitamente femminile. Sì, oggi era femminile. Con le guance rosse e una luce diversa, che solo una donna riesce ad avere. Quella luce che conquista, che non offusca la vista, ma che incanta e si lascia ammirare.

Ho scattato qualche foto e più lo fotografavo con il mio stupido telefonino sempre a portata di mano, più scendeva per nascondersi. Ho detto che era femminile oggi il sole e le donne, si sa, hanno sempre paura di non venire bene nelle foto, di non sembrare belle abbastanza o seducenti, come quando si guardano allo specchio e si credono perfette.

Le donne non si piacciono mai. Non sono generose nei complimenti, lo sono più nelle offese. Si sentono grasse, iniziano a contare troppo presto le rughe nella pelle e i capelli bianchi, poi, che cosa orribile, meglio coprirli.

Come me, lungo quel marciapiede oggi c’erano tante altre persone che sorridevano a quel sussurro di tramonto. A quell’angolo di cielo dai colori strani, confusi, mescolati. È bello sapere che tra le ore di vita che il destino ti regala tu possa rendere immortale ed eterno almeno un minuto.

Non è facile, non lo è perché non tutti capiscono quando fermarsi, quando arrivare tardi a un appuntamento per respirare a pieni polmoni, mettendo in pausa il cervello, lo stomaco e il cuore.

Non tutti credono possa essere importante, eppure lo è. Ve lo assicuro e vi spiego anche perché. Siate gli eroi che escono da casa senza aver spazzolato prima i capelli, camminando per le strade di un mondo che ci vuole sempre in ordine. Siate i folli che si denudano per far ubriacare la gente del proprio odore e non di un profumo con cui coprire i vestiti. Siate la scelta sbagliata, la vostra seconda possibilità.

Siate tutto ciò che gli altri vorrebbero essere, ma non ne hanno il coraggio. Prendetevi il gusto della vergogna, dell’imbarazzo. Ingoiate, dopo averlo preso a morsi, l’amore, qualsiasi esso sia: per un cane, per una madre, per l’uomo o per la donna della vostra vita.

Siate il vostro regalo più bello, quello che scartate senza avere nulla da festeggiare. La sorpresa che non vi aspettavate. Siate il tempo, l’attesa, la resa, la rivalsa. Siate partenza e arrivo insieme, il sapore amaro e dolce, l’ombra e il riflesso, il passo destro e il passo sinistro. Inciampate, cadete, sanguinate, ma senza farvi troppo male.

Siate ciò che siete nei sogni la notte, quando ad occhi chiusi vi viene facile disegnare la vita. Siate il colore che vi manca nell’astuccio, il foglio che avete strappato e lasciato in bianco. Riempitelo di scarabocchi e di parolacce, fino a esaurire l’inchiostro.

Siate il vostro non senso in un mondo che pretende di averne ancora uno, ma ha le idee confuse. Siate l’alba e il tramonto e lasciate che qualcuno si fermi per voi. Lasciate che qualcuno accosti la macchina al marciapiede, fregandosene di tutto e di tutti, per stare con voi, per fotografarvi, tenervi in memoria e non perdervi.

In fondo, è questo quello che ho fatto io oggi: mi sono fermata per un momento, il mio momento. E se non l’avessi fatto, l’avrei perso. Perché oggi il sole parlava, ma domani potrebbe preferire di nuovo il silenzio e sarebbe un vero peccato. È sempre bello ascoltare chi ha qualcosa da dire.

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