Il rumore dei piedi sulle foglie secche e sui sassolini, i versi della natura attorno e i volti incantati della gente, pronta a intrappolare ogni momento, ogni angolo di terra, ogni soffio di infinito.

Il mio sabato pomeriggio ha avuto il sapore del solstizio d’estate in un luogo lontano un paio d’ore dalla città in cui abito e immerso in una dimensione irreale. Vi racconto la mia passeggiata al Teatro Andromeda, a Santo Stefano Quisquina, in provincia di Agrigento, in Sicilia.

Lungo la strada gli alberi folti e maestosi, che sembrano tendere le braccia verso il mondo, ci hanno tenuto compagnia. Hanno rapito i nostri sguardi e anche le nostre prime fragili emozioni, quasi a prepararci allo spettacolo della natura che avremmo visto di lì a poco. Siamo stati forse gli ultimi ad arrivare, gli ultimi a gustare vino e ciliegie dal colore fiabesco.

Un sentiero, costeggiato dal verde e dal giallo dell’estate, ci ha condotti verso l’Imago, una maschera, un volto che attende la luce del sole per poter guardare, per poter parlare. Ancora muta e silenziosa, ci ha salutati con gli occhi spenti per regalarci una melodia dal punto più alto del mondo. Lì, dove tutto sembra più bello, lì dove non si vedono macchine, uomini, città, ma una distesa di vita, linee, confini che tagliano persino il cielo.

Baciati dal sole e trascinati dal Sitar indiano di Riky Ragusa, come dal canto delle sirene, abbiamo viaggiato verso pensieri che la vita quotidiana copre con colate di passi affrettati e smog. Il battito delle nostre mani rimbombava in quell’immenso, chiedendo con gentilezza un altro brano, un’altra musica ancora per non fermare l’incantesimo.

Ma il sole, si sa, non aspetta e la magia si è spostata proprio lì, ai piedi della maschera, al servizio di quel volto ormai impaziente. C’è stato chi l’ha visto parlare per primo e si è emozionato. Io mi sono spostata più volte, mi sono fatta spazio fra la gente, ho guardato, ho sperato senza esitazione e l’ho sentito.

Ho sentito anche io la voce di quel sole che ci ringraziava. Ci chiedeva ancora un attimo di silenzio per capire. Ho ascoltato tutto, ogni parola ed è stato talmente perfetto che il mio animo ricorda ogni cosa, la mia bocca no. Il sole parla con la voce della vita: tutti sappiamo come respirare, non tutti riusciamo a spiegarlo o a insegnarlo agli altri.

Il sole sussurra davvero, non sempre, ma quando lo fa, si rivolge a ognuno di noi. Esiste un confine sottile che separa il tutto dal niente, il pieno dal vuoto, le vene dalla carne, l’uomo dalla donna. Un filo sacro e delicato su cui non è possibile camminare, ci è concesso soltanto decidere da che parte stare, saltare dall’uno all’altro lato.

L’Imago siede sul trono di quel confine e, se lo ascolti, per un fugace e piccolissimo istante puoi sentire l’equilibrio barcollare e la pelle dei piedi piegarsi in due per il peso. Non fa male e non fa neppure paura. È un attimo di eterno in cui anima e corpo si guardano negli occhi per perdersi di nuovo.

È questa la magia del solstizio: rendere possibile l’impossibile, ma durare poco. Un soffio che, anche a vento spento, continuerà a far danzare le ciocche dei tuoi capelli per solleticarti il viso e concederti il privilegio della vita.

Per saperne di più visita il sito
http://teatroandromeda.it/

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